di Nicholas Reitano 23 Dic 2024 15:56
Gian Piero Gasperini, tecnico dell’Atalanta, è stato intervistato da Radio Serie A e ha parlato del cammino della squadra, dei momenti chiave della scorsa stagione e della crescita di alcuni giocatori. Ecco, di seguito, tutte le sue dichiarazioni.
All’inizio della stagione si sarebbe mai immaginato di essere capolista a questo punto del campionato?
Effettivamente era difficile da prevedere, soprattutto considerando le difficoltà avute nel mese di agosto con qualche sconfitta. Pensare poi di fare una lunga striscia di vittorie consecutive e raggiungere la vetta della classifica non era facilmente preventivabile.
Al triplice fischio di Dublino, cosa ha provato e quali immagini le sono passate davanti?
In quel momento è chiaro che è una grande gioia, ma non sono gioie così diverse da quelle che provi vincendo una grande partita o una gara particolarmente difficile. L’apice della gioia è sempre lo stesso. Quello che ha fatto la differenza è stato ciò che avevamo intorno: ho visto una città veramente felice, travolta da un entusiasmo che non potevamo prevedere. La cosa davvero bella è stato il percorso in Europa League: non è solo la partita di Dublino, ma tutte le gare. Da Lisbona nel girone successivo, poi Liverpool, Marsiglia e altre squadre forti. Abbiamo affrontato club che nei loro campionati avevano vinto: in Portogallo, Austria, Polonia e Francia. Marsiglia era una squadra importante, e il Liverpool in quel momento era primo in Europa League. Abbiamo fatto un percorso molto forte.
La vittoria dell’Europa League è stata un momento decisivo per far diventare il gruppo una squadra vincente?
Questo è un luogo comune. Sembra che i giocatori diventino vincenti solo quando alzano un trofeo, ma io non l’ho mai pensato, né prima né ora. Si è vincenti nella vita ogni giorno, superando i propri limiti e raggiungendo traguardi personali. Altrimenti si rischia di creare una generazione di persone frustrate, che non trovano soddisfazione in niente se non nel vincere una coppa.
Qual è il rapporto con Bergamo dopo nove anni insieme e i tanti successi raggiunti?
Dopo quasi nove anni, ormai otto e mezzo, abbiamo costruito tanto. Abbiamo sempre lavorato crescendo, con entusiasmo e valori forti. Abbiamo rispettato ogni giocatore, sia quelli che c’erano all’inizio sia quelli arrivati dopo. Abbiamo cambiato tante squadre, ma il comune denominatore è sempre stata la proprietà, che ha stabilito valori e comportamenti chiari. Bergamo è una città che condivide questi stessi valori, e per questo c’è stata una forte identificazione tra squadra, proprietà e città. I risultati sportivi sono stati un qualcosa in più, ma il vero successo è stato il percorso che abbiamo fatto insieme.
Lei è riuscito a trasformare e valorizzare tanti calciatori. Come riesce a far emergere il massimo del loro potenziale?
Probabilmente è la mia qualità migliore: riuscire a intravedere la potenzialità di un giocatore, anche quando lui stesso è scettico o si autolimita. A volte do più fiducia di quanta ne abbiano loro stessi. Non è sempre un percorso lineare: bisogna confrontarsi, essere duri o teneri a seconda dei momenti. Ma non aggiungo nulla ai giocatori: tiro fuori quello che già fa parte del loro bagaglio, quello che magari loro stessi non credono di avere.
Parlando di giocatori che si autolimitano, le è venuto in mente De Ketelaere?
Lui, ma anche altri ragazzi che hanno avuto un’evoluzione positiva. Charles è un ragazzo molto sensibile e intelligente, che si è messo a disposizione della squadra. Ha una componente importante: capisce il calcio, riconosce i suoi pregi e difficoltà, e lavora costantemente per migliorarsi. Questa disponibilità lo sta portando a crescere sempre di più e a diventare un giocatore sempre più forte.
Quanto è importante Lookman per questa Atalanta?
Ademola è un top. Dal punto di vista caratteriale, ci sono giocatori che hanno più continuità e sono più solidi, ma spesso dipende anche dal ruolo. Lui deve essere sempre in ottima condizione, ma è diventato un giocatore straordinario, tra i migliori in Europa e quindi al mondo. Ha migliorato la sua continuità e, per certi aspetti, ha iniziato a diventare anche un po’ atalantino.”
Samardzic ha un talento straordinario, ma cosa gli manca per essere titolare in questa squadra?
Anche lui è molto giovane e ha dimostrato grandi qualità, che tutti riconoscono. Ma il calcio non è fatto solo di talento: servono altre componenti. Lui deve coltivare il suo talento e lavorare per renderlo più concreto, continuo ed efficace.
Qual è l’obiettivo della stagione?
In questo momento non possiamo avere obiettivi a lungo termine, ed è proprio questo il bello del calcio. È ciò che ci ha permesso di fare il percorso della scorsa stagione, quando nessuno immaginava dove saremmo arrivati. Non lo sappiamo nemmeno ora, ma continueremo a spingere per portare avanti il nostro volo il più a lungo possibile.
Crediti foto: Atalanta.it
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