Andrea Conti dice basta. L'ex giocatore di Atalanta e Milan annuncia il suo ritiro dal calcio giocato in occasione di un'intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport, in cui il 31enne ha ripercorso tutte le tappe della sua carriera, tra alti e bassi. Di seguito l'intervista pubblicata oggi, venerdi 18 aprile, dal quotidiano.
Ha veramente deciso di smettere?
“Sono esausto, sono anni che combatto con problemi fisici, infortuni e delusioni. Sono svincolato da un anno e negli ultimi 3 ho giocato appena nove partite. Bisogna essere consapevoli della propria situazione, io non ce la faccio più e questa sarà la mia decisione definitiva”.
Farà un annuncio?
“No, lo dico qui alla Gazzetta. Smetto. Non sono il tipo da social, non pubblico mai nulla e non credo che lo farò in questo caso”.
Lo diceva anche lei, negli ultimi 3 anni ha giocato poco più di cento minuti, fino allo svincolo la scorsa estate. Si è sentito abbandonato dal mondo del calcio? Come se tutti si fossero dimenticati di lei?
“Ho perso la speranza. Sapevo che dopo la fine del contratto con la Samp non sarebbe stato facile e ne ho avuto riscontro in questi mesi, in cui comunque nessuno mi ha chiamato. Quindi meglio accettare che è finita e andare avanti”.
Ha già scelto cosa farà in futuro?
“No, ancora non lo so. Non voglio prendere decisioni avventate, mi sento solo di dire che mi vedo ancora nel calcio. Io sono uno di campo, magari mi piacerebbe allenare, ma è ancora presto per dirlo. Sto ancora metabolizzando che non giocherò mai più. Nel mio percorso sono stato sfortunato, ma so che la vita non finisce qui. Farò sicuramente altro. Non bisogna nascondersi, pure se è difficile da accettare. È tutto un lavoro mentale. Finisce un sogno: però per me, ultimamente, andare al campo non era più una gioia. Mi trascinavo, non ero più io”.
È stato angosciante temere di non tornare più ai livelli di prima?
“Ogni istante dopo il mio primo infortunio ho avuto paura di non sapere cosa ne sarebbe stato di me, del mio percorso, del mio futuro. È come fosse un fantasma che mi ha sempre accompagnato. Quando fai il calciatore sei consapevole di andare incontro a rischi simili, però poi ti succede nel momento migliore della tua vita e… un po’ te la cambia. Io posso dire che ho smesso di giocare per i tanti infortuni. Con un altro destino, chissà dove sarei ora…”
Ci pensa tanto a come sarebbe andata se…?
“Sì, se devo essere sincero, lo faccio continuamente. Penso al perché gli altri sono in campo e io sul divano. Con il tempo ho imparato a conviverci, ma è una cosa che ti manda in crisi. Fai paragoni, cerchi risposte che non esistono. E credo che sarà così per sempre, questi pensieri non mi lasceranno mai”.
Si può dire che il ginocchio sia diventato il suo più grande avversario?
“Assolutamente sì. Non esiste un giorno in cui apro gli occhi e non penso al mio ginocchio. Non c’è un momento in cui non ci sto attento. E le parlo della vita, non solo mentre gioco. Mi blocca, mi rallenta. Un esempio? Non riesco ad abbassarmi sulle ginocchia, a piegarmi”.
C’è qualcuno in particolare da cui si è sentito abbandonato?
“Per questo sono stato male a lungo. Il calcio è un mondo che mi ha preso, coccolato e poi allontanato e dimenticato. In tante cose sono stato lasciato solo, soprattutto da chi diceva di volermi bene. Anche perché penso sia facile aiutarti quando giochi al Milan, in nazionale e va tutto bene. È diverso quando cadi, lì si vede chi ti sta vicino veramente. E io queste persone le conto sulle dita di una mano, purtroppo”.
Passiamo ora al Milan. Lei arriva dall’Atalanta nell’estate del 2017, che ricordi ha?
“La prima cosa che mi viene in mente, è l’impatto con Milanello. Fu incredibile. Già solo trovare tifosi che chiedevano foto, autografi, che erano lì sotto al sole per me. Mi sono sentito un po’ planato su un altro pianeta. Come quando prima della partita col Craiova c’erano 40mila persone fuori dallo stadio ad aspettare il pullman”.
All’Atalanta è esploso con Gasperini. È il miglior allenatore mai avuto in carriera?
“Sì, lo metto al primo posto. Personalmente gli devo tantissimo e posso solo che parlarne bene: ti massacra in allenamento, ti spinge a dare tutto, ma poi in campo la domenica ne raccogli i frutti. Voli e non te ne accorgi. In più, sai sempre cosa fare senza che lui ti dica nient’altro. Non è uno che parla tanto con i giocatori, non dà eccessiva confidenza ma riesce sempre a toccare le corde giuste quando serve”.
Succede spesso che tanti giocatori vadano via dall’Atalanta e poi non rendano come prima. Come se lo spiega?
“Quando ti alleni con Gasperini vai a mille all’ora e lavori tantissimo. Poi cambi squadra e il carico è molto diverso e un po’ ti influenza. Poi ci si aggiunge le pressione, il fatto che vieni pagato tanto e che aumentano le responsabilità. In molti non sono riusciti a reggere tutto questo. A livello mentale può essere complicato”.
Domenica si affrontano Milan e Atalanta, per chi tiferà?
“Mi mette in difficoltà. Ho più amici nell’Atalanta, anche se il Milan è stata la squadra che ha realizzato il mio sogno. Poi purtroppo è andata com’è andata. Quella di domenica sarà una partita combattuta, spero che entrambe possano raggiungere la Champions. Sul risultato, me la cavo con un pareggio”.
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